Naima Morelli

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Made Bayak is a Balinese artist, painter, musician, educator and environmental activist.
Through is ongoing project Plasticology – a concept that fuses the words “plastic” and “ecology” – he is exploring Bali’s ecological, social, cultural and political issues. Plasticology develops across different media Plasticology and is associated to an educational campaign against plastic trash.

Plasticology is your long term project that combines art with environmental issues. Bali in fact suffers with plastic pollution. When did you first become interested in that?

I started to make art related to plastic issues in 2001, when I was studying visual art at the Indonesian Institute of the Arts in Denpasar. The first plastic-related project I created was an outdoor installation called PLASTILITICUM. The name is from human history periods, like Megalithic, Palaeolithic, etc. I imagined that in the future people would research about a time in the past where plastic polluted the earth. Therefore the artefacts they will find won’t be stone tools, but plastic objects. At my first solo exhibition at Sika gallery at Ubud in 2008, I created some kinetic objects and sculptures using waste and ready-made materials such as frying pans, wood from the beach, sandals, plastic bottles and broken toys. At the end of 2010 I started experimenting with flatten plastic wastes on a canvas. Since that time I created a series of paintings – I consider them paintings because they are two-dimensional – and I decided to use them for my art project. Plasticology though is not just about paintings and art, but it rather tackles problems directly. We have organized presentations, workshops, river and the beach cleaning up etc.

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cassani

I met Marco Cassani in Bali during my reportage about contemporary art in Indonesia. What supposed to be an interview has become a lively chat about Marco’s art, hallucinogenic experiences and, of course, Bali.  A month ago he sent me this mail about his new work that is going to be exhibit at “Imagining Indonesia, Tribute to S.Sudjojono”  on the 23rd of November at Tonyraka Gallery in Bali:

Dear Naima,

How are you?

I am sending you the picture of my new work for the group exhibition
Tribute to Sudjojono at Tonyraka gallery on November, 23rd.

The work, entitled ‘CHANCE Project 2, Tribute to S. Sudjojono’, consists in:

1) a sculptor that represents the Sudjojono head (cement, 140 x 90 x 90 cm)

2) a box (wood, 120 x 70 x 45 cm) with a text (“This sculpture is designed
for people to interact with. The audience is free to do whatever they
want, with or without the tools provided. This is part of an interactive
event between art and its audience. The result of this encounter is a
reflection of the behaviour of the people. As Sudjojono stated Еarth of
Indonesia should reflect the character of the land and its people.”)

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Dunque, per quanto surreale possa sembrare, è veramente successo. Ashley Bickerton, Luigi Ontani e Filippo Sciascia si sono effettivamente incontrati nella stessa stanza.
Chiaramente c’è qualcosa che questi tre eccezionali artisti, così diversi tra di loro per pratica artistica e personalità, hanno in comune. Bali.
Bickerton e Sciascia ne hanno fatto la propria dimora, Ontani vi soggiorna spesso fin dagli anni ’80, da quando ha cominciato a far produrre le proprie maschere agli artigiani locali.
Dico, riuscite a immaginarvi Ontani, aristocraticamente vestito di seta e con la sua elaborata parlata infarcita di giochi di parole, dialogare amabilmente con Ashley Bickerton, camicia da surfista e flip flop, il quale dichiara candidamente di sentirsi in certe situazioni “Come una scorreggia in una cabina telefonica?”.
Fortunatamente c’è Sciascia che funge da elemento di raccordo. Lui, molto gentiluomo noncurante col sopracciglio lirico, ma spiegato come un radar alla ricerca di stimoli tra cultura alta e bassa.
Ashley Bickerton possiede un dipinto di Sciascia che tiene in bella mostra a casa sua, una Giuditta dal seno rifatto e le labbra impertinenti che brandisce la testa di Oloferne: “Mi piace perché è un soggetto della pittura classica, ma è così chiaramente un’immagine presa da qualche porno!”
Ontani, il quale pure inserisce elementi suggestivi nelle sue ceramiche, conosceva Ashley Bickerton fin dagli anni ’80, momento più fulgido per l’artista americano. Sciascia invece Ontani l’ha incontrato proprio a Bali.

Il fatto è che Bickerton, Ontani e Sciascia sono bulè, è il nome con cui i balinese chiamano l’uomo bianco.
In una splendida mostra al Museo Archeologico di Napoli, curata da Maria Savarese, il trio si appropria ironicamente di questa parola, e dissemina balinesità tra le statue antiche della collezione Farnese del museo.

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Ubud, Bali, Indonesia.
Non fatevi ingannare dalla bellezza del posto; dietro la luce che rende smeraldina l’erba, dietro le ranocchie spiaccicate sull’asfalto da jeep di passaggio e dietro le palme che sbadigliano sornione, c’è ancora tanto da fare, tanto da combattere.
Gede lo sa. Gede è nato qui e sua scelta di vita è stata quella di tornare a vivere ad Ubud, nelle risaie, dopo i suoi studi alla prestigiosa accademia d’arte nella capitale culturale dell’Indonesia, Yogyakarta.
Quello che rende la storia e l’arte di Gede così interessante è che, a differenza di molti artisti balinesi in fuga dell’isola o piegati al commerciale, lui ha deciso di rimanere e di condurre la sua battaglia sociale attraverso dipinti dalla satira feroce e plateali installazioni.
L’appuntamento è alla “Luden House”, un Warung/studio artistico inerpicato in una splendida zona di Ubud piena di ville in costruzione.
Se ancora avevo qualche dubbio su come trovare il posto, una grande scritta immacolata in mezzo alla risaia “NOT FOR SALE”, mi segnala di essere arrivata.
Gede, un ragazzo dal sorriso amichevole, si gode il sole ad uno dei tavoli fatto di copertoni verniciati di bianco – in Europa tale arredamento sarebbe già oggetto di design – mentre bambini allegri disegnano tutto intorno e ragazzine si fanno le foto davanti alla risaia.
Cominciamo a parlare in inglese, poi al momento di mostrarmi i suoi quadri, sceglie l’indonesiano.
Mi mostra questa serie di dipinti dove i protagonisti sono una rana avida, e un doberman.

– Di che si tratta questo lavoro?

Questa qui è una serie di cento quadri, non ancora terminata, concepiti come un fumetto. La storia parla di questa rana, rappresentante un po’ tutti i balinesi, che viene convinta da questo cane a vendere il proprio campo di riso.

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