Oky Rey Montha is an interesting pop-surrealist artist from Indonesia.
I already wrote a post about one of his painting “Dark Venice” here.
Oky just had a big solo show in the Galeri Canna in Jakarta. The title of the exhibition “Brigitta Queen” is referred to his new character, a mysterious girl from Moscow with her face constantly hidden behind a mask.
Here you are a gallery of photographs from the exhibition that can give you an idea of Oky Rey Montha’s visionary world:
I came to know about the young Indonesian artist Oky Rey Montha from his solo show at Primo Marella Gallery in Milan and I’ll end up interviewing him for my book on contemporary art in Indonesia.
He seems to be the kinky and eccentric kink of artist that loves to get lost in his imagination.
With a dark, tim burtonian look and emo hair and makeup he’s directly out from one of his paintings.
His work reminds me of the pop-surrealism trend and is inspired by comics. Asian market sought this kind of paintings; at the same time Oky himself seems not to care too much about the market.
I look at him as a symbol of his generation that isn’t bother anymore with tradition and Wayang Puppets, but it’s more into pop and fantasy realms.
At the same time he knows how to take advantages of the web and he’s launching is own clothes collection called “Piratez” on facebook and on the blogosphere. He’s also an indie musician and loves to make drum performances during the exhibition openings.
Più pop di una Big Bubble, più rancida di un frutto marcio, equivalente in termini di valori (o assenza di valori) forse solo a un “Destroy” di Isabella Santacroce, la mostra “Past is History” si offre come un’interessantissima, entusiasmante immersione nell’immaginario sfegatatamente suggestivo di quattordici giovani artisti inglesi, una furiosa visione che poi è quella di tutta la loro generazione.
La prima parte della mostra si è aperta il 28 maggio presso la sede romana della Galleria Changing Role, e il 30 maggio la seconda parte nello spazio napoletano; questo ha permesso all’artista Alexis Milne di preparare la performance “The Resurrection of Don Dirty Honky” che si sarebbe mossa tra le due gallerie come trait d’union, mettendo in scena, tramite una bara colorata da graffiti, la morte e la resurrezione del suo personaggio.
In un primo tempo l’idea trainante che avrebbe dovuto accomunare gli artisti inglesi sarebbe dovuta essere un’ispirazione gotica horror, era previsto il titolo “Ring Generation” proprio per sottolineare come capolavori fantasy come “Il Signore degli Anelli” abbiano profondamente influenzato le ultime generazioni. Questa suggestione iniziale, poi accantonata dalla maggior parte degli artisti della collettiva, permane in termini molto evidenti soprattutto nelle opere ad olio di John Stark, il quale si propone con paesaggi cupi, desolati, impregnati di una estetica da ciclo fantasy, sempre sottintesi come scenario di una narrazione. Sulla stessa scia, ma più inquietantemente acida e punk, è la grande tela di Kiera Bennett, maestra nel creare paesaggi dai toni verdastri, metafisici specchi di giovanili emozioni e paure. Nel caso di Alex Gene Morrison, le angoscie e i sentimenti umani si concretizzano in un enorme mostro nero, identificazione non immediatamente comprensibile non conoscendo la precedente opera dell’artista “Black Bile”, spalleggiato da altri piccole creature.
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