Naima Morelli

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Tag "minimalismo"

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Quando si dice Marco Tirelli, mani in alto!
Un artista di tutto rispetto, a Roma specialmente; non per niente il Macro, quello di Testaccio, ha deciso di dedicargli i suoi due prestigiosi padiglioni, uno in cui erano sistemate le sue ultime tele, tutte di grandi dimensioni, l’altro dove era comunque sistemate le sue tele ma, attenzione, in un’istallazione ambientale.

Comunque, nonostante i tempi piuttosto dilatati dell’autobus numero 3, quello che porta a Testaccio, alle ore 9 in punto ero lì per l’inaugurazione.
C’è da dire che, con tutto il rispetto che nutro per l’artista Tirelli, in realtà la sua poetica è molto distante dalla mia sensibilità, dunque ho pensato di portarmi appresso qualcuno scevro di pregiudizi che mi aiutasse a capire con occhio obiettivo ciò che ha mosso e continua a muovere Marco nelle sue intenzioni creative.
La mia scelta è quindi caduta su di un amico australiano alloggiato in una palazzina fascista proprio di strada per l’autobus 3.
Si tratta di un grafico interessato all’arte ma sostanzialmente ignorante sull’argomento “Marco Tirelli” e che di San Lorenzo invece conosce giusto il cinema nella piazzetta. Mai sentito parlare della cosiddetta “Scuola di San Lorenzo” di cui Tirelli fece parte negli anni ‘70.
Grande fan di Rothko e di Mondrian però, mi informa durante il tragitto. Ahan. Beh, non è esattamente la stessa cosa ma… vedrai amico mio, vedrai.

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nieletoroni

Ci sono artisti che non si abitueranno mai all’invadenza della tecnologia in campo artistico, ce ne sono altri per il quale lavoro si rende indispensabile, e infine c’è chi pur non utilizzando per niente il mezzo tecnologico lo richiama nella propria opera a livello subconscio. Subito dopo c’è Niele Toroni.

Com’è possibile che il più minimalista dei pittori la cui ricerca artistica si basa sulla ripresa dell’essenza della pittura evochi così distintamente un immaginario diametricalmente opposto?

Basta pensare ai pixel.

Sono pixel i quadratini di pittura monocromatica con cui Toroni ritmicamente dipinge le grandi tele, la carta, le pareti della galleria Artico; invariabili sono le misure del pennello che utilizza (il n.50) e i centimetri di intervallo tra un segno e l’altro (30 cm).

Eppure, proprio quando ci si convince di questa analogia, quando lo sguardo si fa più indagatore, ci si rende conto che sotto l’apparente schematicità, ogni impronta è diversa dall’altra, per quanto impercettibilmente.
Ed è proprio allora che l’uomo, impone la propria imperfezione, un’artistica imperfezione, contro la fredda perfezione della macchina che diventa così mera ripetizione, non più arte ma matematica.

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