I generally don’t like snarky – you’d rather build something than destroy something, right? At the same time, when I’m in the snarky mood, I go full on. And of course, when that happen, I really enjoy the bravado. Otherwise how would I earn the title of contemporary art super-villain? Like in this piece for the Sunday Times of Malta, for which I love to put a desecrator of contemporary art attitude. You might say, making fun of contemporary art is way too easy, but I can’t help it; sometimes you just walk in an exhibition and you start rubbing your hands!
“Don’t look at the pictures” could be the subtitles of the Demian’s Gagosian exhibition.
The antefact is that the January 12, will be Damien’s shows in the Gagosian Gallery worldwide. “Twenty five years of Spot Paintings” it’s the official title, and seems to be very serious, even knowing the brat who Damien is.
No corpses, no putrefaction, no flies… it could be a relaxing exhibition.
Dopo un interrogatorio durato un’ora e mezza Crewdson non ha sputato il rospo, non ha cantato intendo, e con queste parole voglio dire che non si è lasciato andare a quelle meravigliose rivelazioni che avrebbero sgomentato la platea, ancora più del suo repentino cambiamento di estetica in quest’ultima mostra “Sanctuary”, da Gagosien.
Un po’ una tortura, sebbene sopportata in traduzione simultanea sulle comode poltrone della sala conferenze del MAXXI, il percepire questo sottinteso, questi “motivi personali” colpevoli delle svolta, che il critico del New York Times Michael Kimmelman, quanto mai speranzoso, ha cercato durante tutto il tempo di tirare fuori dalla bocca del reticente artista.
Un breve resoconto del fattaccio: Gregory, quello delle fotografie cinematografiche, quello di “Beneath the Roses”, quello che insomma quando guardate le sue fotografie a David Linch fischiano le orecchie, ebbene proprio lui decide di venire nella Città Eterna.
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