Naima Morelli

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In qualche caso si è trattato di affrontare all’andata un mare burrascoso in aliscafo e un altrettanto traumatico ritorno in circumvesuviana, ma i pur strazianti sussulti, cigolii e stridii di un treno che sembra sempre essere sul filo del deragliamento, non si sono rivelati bastevoli a dissolvere nella tensione la dolce dimensione-illusione anticoromana che poi era la meta del viaggio.
Il  titolo scelto per la mostra ospitata dal Museo Archeologico di Napoli è “Alma Tadema e la nostalgia dell’antico”, una spettacolare rassegna di artisti di fine ‘800 capaci di far rivivere in pennellate vita quotidiana e antichi fasti di un mondo del quale non rimangono che rovine e le testimonianze pompeiane. Questi artisti lavoravano organizzandosi dei grossi archivi fotografici di pezzi originali, molti dei quali sono attualmente conservati all’interno dello stesso Museo Archeologico che, con un operazione di grande interesse, ha deciso di esporli a fianco dei quadri che li ritraggono.
L’esposizione è intitolata al pittore olandese adottato dell’Inghilterra Sir Lawrence Alma Tadema, artista fino ad ora ingiustamente poco considerato in Italia. In realtà, girando per le sei sezioni allestite si fatica a ritrovare i quattordici quadri promessi.
C’è da dire però quei pochi pezzi esposti, probabilmente neanche i più rilevanti, sono spettacolari.

Dalle grandi tele impeccabili nell’accostamento cromatico, descrittive senza perderne in poesia, precise e evocative, ai piccoli acquerelli e oli (uno su tutti, “la scala”, tavola oblunga e stretta in una cornice dorata, un raffinato oggetto-idolo  per cui perdere la testa) tutto in Alma Tadema ti dà l’impressione di affacciarti alla finestra della storia.
Chi ha avuto modo di poter ammirare i suoi quadri solo in riproduzioni certo non rimarrà deluso. D’altronde fino ad ora un Alma Tadema così non si era visto in Italia, e chissà quando accadrà ancora…

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