Naima Morelli

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Ubud, Bali, Indonesia.
Non fatevi ingannare dalla bellezza del posto; dietro la luce che rende smeraldina l’erba, dietro le ranocchie spiaccicate sull’asfalto da jeep di passaggio e dietro le palme che sbadigliano sornione, c’è ancora tanto da fare, tanto da combattere.
Gede lo sa. Gede è nato qui e sua scelta di vita è stata quella di tornare a vivere ad Ubud, nelle risaie, dopo i suoi studi alla prestigiosa accademia d’arte nella capitale culturale dell’Indonesia, Yogyakarta.
Quello che rende la storia e l’arte di Gede così interessante è che, a differenza di molti artisti balinesi in fuga dell’isola o piegati al commerciale, lui ha deciso di rimanere e di condurre la sua battaglia sociale attraverso dipinti dalla satira feroce e plateali installazioni.
L’appuntamento è alla “Luden House”, un Warung/studio artistico inerpicato in una splendida zona di Ubud piena di ville in costruzione.
Se ancora avevo qualche dubbio su come trovare il posto, una grande scritta immacolata in mezzo alla risaia “NOT FOR SALE”, mi segnala di essere arrivata.
Gede, un ragazzo dal sorriso amichevole, si gode il sole ad uno dei tavoli fatto di copertoni verniciati di bianco – in Europa tale arredamento sarebbe già oggetto di design – mentre bambini allegri disegnano tutto intorno e ragazzine si fanno le foto davanti alla risaia.
Cominciamo a parlare in inglese, poi al momento di mostrarmi i suoi quadri, sceglie l’indonesiano.
Mi mostra questa serie di dipinti dove i protagonisti sono una rana avida, e un doberman.

– Di che si tratta questo lavoro?

Questa qui è una serie di cento quadri, non ancora terminata, concepiti come un fumetto. La storia parla di questa rana, rappresentante un po’ tutti i balinesi, che viene convinta da questo cane a vendere il proprio campo di riso.

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Angki Purbandono in one of the artists from Indonesia that take the photography further and stimulate the discussion around it.
He was one of the founder of MES56 and a very appreciate international artist.

Before meeting him I thought his photography was all about aestetic
values. I found out that is not completely true.
Actually, to make people look at something from everyday life in a
different way is already a conceptual act.

Defamiliarisation of common objects, weird associations of items,
giantisation of small findings. Through Angki’s swiftian attitude one can
discover that the Beauty and the Strange are not so far from what we
experience in our daily life.

I’ve seen Angki’s scanner. It’s a normal scanner, not pretentious at all.
I asked Angki when and why he started using a scanner instead of a
camera:

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 Looking at the sheets of my Indonesian reportage stained with Java tea I really start missing Yogyakarta.

In these days I’m in my hometown Sorrento surrounded by mandarini’s smell, writing the first draft of my book about Contemporary Art in Indonesia.
I’m trying to recollect the memories of these days in Yogya, from the amazing studio of Heri Dono to the taste of the Pisang Goreng, the fried banana with melted javanese sugar and chocolate.

We don’t have original Java tea here in Sorrento; I’ve to content myself with the Lipton version.
Whatever, tea is tea. As Proust teaches: “As long as you have a madeleine, a pancake or a fried banana to be dipped in tea, you could recollect memories”, or something like it.
I feel like adding to Proust’s statement that all the contemporary art starts from a substantial breakfast. Definitively I’m on the good track.
Actually, can I have extra chocolate on my Pisang Goreng?

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