Naima Morelli

Reportage sull’arte contemporanea indonesiana: l’antefatto

heridono

Luogo di coordinate 0:0, probabilmente in un fumetto.

Legata ad una sedia, in mano a scagnozzi mettiamo, chessò, russo-mongoli appassionati d’arte, pronti a scazzottarmi, sono costretta a rivelare cos’è, o meglio cosa ho scoperto, di quest’arte contemporanea indonesiana.

“Ma come faccio a dirvelo maledizione santa! L’arte contemporanea non si presta a definizioni, è fluida, non deve essere ingabbiata, non può…”
Smack!
Il primo cazzotto arriva e quasi mi fa saltare i denti.
Riprova.
“Ci sono tanti artisti diversi, ognuno con la sua poetica, la sintesi, la sintesi cari signori, è depauperazione!”
Non capiscono la parola.
Gli sembra troppo scolastica.
Smack!
Te lo chiedo un’ultima volta…
“Con le buone immagino…” rispondo sputando saliva vermiglia
… cosa cercavi in Indonesia?
“Cercavo di capire cosa significa il termine arte contemporanea in Indonesia. Sai, il concetto di arte e il concetto di contemporaneità se lo sono forgiati in seno all’Europa e all’America, come passo successivo, o ulteriore, rispetto all’arte moderna occidentale. Volevo capire chi sono questi indonesiani che hanno fatto proprio questa concezione di arte tutt’altro che asiatica, che cosa rimane della propria cultura nel proprio fare artistico.
Già andiamo meglio, poi che altro?
“E poi voglio vedere da vicino quella che è stata definita l’eccellenza dell’arte contemporanea del Sud Est Asiatico. Cos’ha di tanto speciale? Da dove viene fuori. E dove sta andando.”
E che te ne frega a te, che sei una critica d’arte italiana, del Sud Est Asiatico?
“Ma sai… lo spirito di Marco Polo… sai, quello che sta scritto sul Colosseo Quadrato all’EUR… italiani popolo di santi, scopritori, navigatori…”
Smack!
Bando alle ciance, taglia corto dolcezza.
“Il Sud Est Asiatico bussa alle porte belli! Non ve ne siete accorti? Questo è innegabile dal punto di vista del mercato, i prezzi dell’arte contemporanea cinese sono ormai astronomici, e l’unico paese asiatico a reggere il confronto di qualità è proprio l’Indonesia, vi parlo da materialisti quali siete, miei cari picchiatori. Poi nel caso vi prendesse un afflato verso i discorsi dell’arte contemporanea, c’è chi dice che il vecchio Occidente ha ormai detto troppo, se non tutto. E’ ora di cercare il nuovo fuori dai vecchi tracciati, in geografie dai trascorsi contaminati”
Sgrunt.
“Si, ebbene si, proprio contaminati. L’arte non è figlia dell’ordine, la contemporaneità è un gran calderone. Allora ho deciso di andare alla fonte. Di vedere, parlare con queste persone, registrare tutto, fotografare, filmare se è necessario, raccogliere indizi e poi raccontare tutto quello che ho visto, sentito e odorato.”
Perché?
“Perché quest’arte contemporanea indonesiana è una cosa che vale la pena conoscere. Perché quando comincerà a comparire nei musei d’Italia, Francia, Inghilterra, America, Australia (e per inciso già lo sta facendo) i fruitori siano preparati a capire la differenza, e apprezzarla fino in fondo.”
Chi sei tu per pretendere di dire queste cose?
“Io? Sono una tipa qualsiasi”

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