Viaggio tra le Accademie di Belle Arti di Italia
Ho recentemente ritrovato nei meandri di internet un mio articolo del 2008, riguardante gli esami di ammissione in tre delle più prestigiose Accademie di Belle Arti italiane, Roma, Napoli e Firenze. Al tempo mi recai nelle tre città per ovviare alla latitanza di informazioni sul web riguardo agli esami di ammissione, quello che trovai invece fu una sorta di specchio dell’Italia. Agli esordi del 2014 non penso che la situazione sia molto cambiata.
Viaggio tra le Accademie di Belle Arti d’Italia
Le informazioni sulle Accademie di Belle Arti Italiane sono scarse, i siti ufficiali poco aggiornati, le segreterie avare di informazioni, i forum a cui si rivolgono i ragazzi telegrafici. Abbiamo dato un’occhiata alle prove d’ammissione nelle Accademie di Belle arti di Firenze, Roma e Napoli: ecco il verdetto.
“Di dove sei?”
A farmi la domanda è una ragazza dall’aspetto un po’ alternativo, lunghi capelli castano chiaro e look hippie: “Io sono di Bologna, ho fatto il test di ammissione anche là, ma dicono che sono tutti raccomandati, e comunque è meglio farlo da più parti, perché se non entri hai sempre un’altra possibilità”.
Ci troviamo nello spazio antistante l’antico edificio che ospita L’Accademia di Belle Arti di Firenze, oltre a noi due altri ragazzi socializzano, tubo con i fogli in spalla, o in alternativa la cartellina, parlottano per scaricare la tensione. Rispondo alla neo hippie “Io sono di Napoli…” faccia sbigottita “E da Napoli sei venuta fin qui?” Dice che anche lei ha pensato di trasferirsi nel caso passasse il test d’ammissione in questa città, magari per cominciare potrebbe stare in doppia con qualche altra studentessa, siccome gli affitti sono molto alti e non vorrebbe pesare troppo sui genitori. “Tu sai in cosa consiste questa prova?” le chiedo. “Ho letto sopra il sito… ma non è aggiornato! Comunque credo che si tratti di una natura morta. Ho chiamato in segreteria per avere più informazioni, anche per l’orario del colloquio di dopodomani sai… ma non mi hanno saputo dire molto. Ho chiamato più volte ma non sanno niente…” E’ vero, l’ho constatato anche io.
Il portone principale si apre e subito tutti si assiepano lì davanti ansiosi di cominciare. Nel cortiletto interno ci smistano a seconda della disciplina che abbiamo scelto di seguire “Scenografia, a sinistra!” “I ragazzi che devono fare scultura, con me!” “Decorazione, insieme alla professoressa bionda!” “Pittura e grafica, chi deve fare pittura e grafica? Mettetevi in fondo al corridoio!”
Io ho scelto pittura, la neo hippie grafica, la prova è la stessa, quindi entrambe ci mettiamo in fondo al corridoio. Guardandomi attorno mi rendo conto che la maggior parte dei ragazzi sono stranieri. Chiedo ad una cinesina tutta emozionata perché ha scelto di venire proprio a Firenze. In un italiano incerto mi risponde che l’Italia è il paese dell’Arte e che Firenze è la migliore accademia. “Si è vero, L’Accademia di Firenze è sempre stata una delle più rinomate” mi conferma una donna bruna sulla trentina seduta a terra. Non si tratta di una professoressa ma di una casalinga che ha deciso finalmente di assecondare la sua passione di sempre, l’arte.
Alla fine dopo una breve attesa ci sistemano in un’ampia stanza e ognuno di noi si fionda mosso da un istinto di sopravvivenza davanti ad un cavalletto, grazie ad un calcolo veloce a occhio che ci fa capire immediatamente che non ce ne sono abbastanza per tutti. Quelli rimasti senza vengono condotti in un’altra aula.
Dopo l’appello veniamo invitati a prendere i fogli da sopra un tavolo disponibili in due misure, se non vogliamo utilizzare i nostri o ne siamo sprovvisti, sono disponibili di due misure. Nelle seguenti sei ore (quasi tutti non se ne vanno prima di aver consumato tutto il tempo a disposizione), ognuno si concentra sulla natura morta, vasi, un pezzo di pane, un drappo rosso, pentole e un bricco, al centro della stanza.
Il secondo giorno (non incontro di nuovo la neohippie perché questa seconda prova non è in comune con grafica), sistemano al centro della stanza una modella, non esattamente avvenente. Fortunatamente nessuno nutriva troppe aspettative in merito. Ogni mezz’ora si dava la pausa per una ventina di minuti, gironzolava, prendeva in caffè e riprendeva la posizione, e in questi lassi di tempo i ragazzi ne approfittavano per guardare silenziosamente il reciproco operato.
Trovandomi, decido di intrufolarmi anche al colloquio del giorno seguente. L’orario indicato è dalle 8 e mezza di mattina fino alle 4 di pomeriggio. Veniamo smistati per lettera in due aule adiacenti un po’ scalcinate e veniamo invitati a mostrare qualche nostro lavoro, per chi ne aveva portati, e sottoposti a delle svogliate domande “Che scuola hai fatto?” “Chi è il tuo artista preferito?” “Di dove sei?”. Durata per ciascun candidato: dieci minuti.
A distanza di una settimana c’è l’esame di Ammissione all’Accademia di Roma. Mi ritrovo in mezzo ad una pletora di studenti senza sapere verso quale delle due entrate speculari del grande edificio devo entrare. Seguo un flusso, domando a qualche ragazzo, a qualche professore “scusi, per l’esame di ammissione a pittura?” ma nessuno sa niente. Alla fine vengo trascinata verso una specie di segreteria “Oh, ma è dall’altra parte!”
Esco e mi dirigo nell’edificio opposto, aggiungendomi ad un gruppetto sparso che interrogato conferma di essere lì anch’esso per l’esame di ammissione. Ci chiamano affacciandosi dall’ingresso:“Pittura terzo piano”. Aspettando su una rampa di scale verifico che la maggior parte degli avventori sono proprio di Roma, si stupiscono del fatto che io, non del posto, manifesti la mia intenzione di prendere casa lì “Con quello che costano le case… qui in centro te lo puoi proprio scordare” “Ma pure fuori non è che siano tanto economici…” aggiunge una ragazza con il moicano di fianco a me.
A Roma per Pittura c’è una sola prova di disegno, con una modella, più graziosa di quella di Firenze e oltretutto più ferma (riesce a mantenere la posizione per più di mezz’ora) e un colloquio tra due giorni.
La fatidica mattinata del colloquio regna un clima di socializzazione, tutti a mostrarsi reciprocamente i portfolio, e una preoccupazione per eventuali domande di storia dell’arte che tutti affermano di ignorare “Comunque a me hanno detto che il 95% dei ragazzi viene ammesso a Roma”. A differenza di Firenze dove l’esame di ammissione era previsto solo per i ragazzi che non avevano frequentato né Liceo Artistico né Scuola d’Arte, a Roma sono tutti sottoposti alla selezione. Di adulti che tentano tardivamente la via dell’arte ce ne sono molti di più che a Firenze.
Sono la prima ad essere chiamata. Viene commentato il mio disegno di due giorni avanti, viene mostrato il mio portfolio, mi viene chiesto chi sia Giorgione e dopo pochi minuti vengo congedata.
Napoli. Mi rimbomba nella testa la voce di un mio amico iscritto proprio all’Accademia di Belle Arti partenopea a scenografia: “Firenze e Roma sono due Accademie inutili. Firenze non ha nemmeno il nome, uno pensa che sia valida solo perché Firenze è una città d’arte, ma non è vero. Roma è una delle peggiori, c’è gente che da Roma è venuta a Napoli tanto che si trovava male. Meglio di Napoli a livello di accademia c’è solo Urbino. Ecco, su Urbino non posso dire niente!” Arrivo con soli due minuti di ritardo nel cortile e già tutti vanno da una parte e dall’altra senza sapere dove dirigersi. Chiedo informazioni a tre fanciulle sottobraccetto “Si, anche noi dobbiamo fare l’esame di ammissione, però per Moda, Pittura non sappiamo”. Mi aggrego comunque a loro e finisco a primo piano. Mi rivolgo ad un uomo dal ruolo incerto e vengo spedita due piani più sopra. Arrivata lì un gentile bidello senza che apra bocca mi domanda: “Pittura?” “Si!” “In fondo al corridoio” “Grazie!” e schizzo verso l’aula.
All’interno, non capisco bene, la modella e la professoressa stanno avendo una piccola diatriba. Non avevo portato i fogli sicura che come a Firenze e a Roma avrei utilizzato quelli forniti da loro, e invece la professoressa parla con qualcuno fuori la porta “Non ce li hanno i fogli? Ma come? Vabbè, ragazzi, usate i vostri e noi poi passiamo a metterci il timbro e la firma!”
Me ne faccio prestare uno, un professore passa e ne critica le dimensioni troppo ridotte: “Guarda, c’è un negozio appena fuori dall’Accademia, vai lì e chiedi se hanno dei fogli Bristol” E infatti molti ragazzi lasciano l’aula e seguono il consiglio.
Mentre la modella, raccapricciante ma quantomeno simpatica, si sistema su una sedia, la professoressa consiglia: “Fatene più di uno di disegno, almeno due, ma pure tre, quattro…così abbiamo più elementi di valutazione. Potete scegliere tra la modella e la statua!” La statua in questione è un calco di putto senza braccia.
Io decido di cominciare dal viso del putto, poi su un altro foglio che mi farò prestare mi dedicherò alla modella. Ad un certo punto arrivano dei professori dal corso di decorazione a reclamare la statua. Battibecco che si concluderà in un compromesso di una cessione tra un’ora “Tanto per allora chi ha cominciato la statua avrà già finito no? Mica dovete rimanerci troppo tempo, ne dovete fare altri disegni, e avete tempo fino alle due”. Parafrasando “Iamm’ a c’ mov’r, facit’ ambress’”.
Sono una delle prime ad andarmene, esco quasi corsa dal portone d’ingresso non invidiando nemmeno un po’ tutta quella florida gioventù artistica.
Articolo originariamente apparso su Scanner nel 2008