Un cono gusto Tiepolo per favore: Intervista ad Angelo Formica
Che cos’è il Popolo?
Ci sono solo due modi possibili per rispondere a questa domanda, o chiamare in causa studi antropologici del tipo Fabio Dei, Cirese, De Martino, oppure argomentare con l’arte.
L’una comprensione è intellettuale (vi parleranno di società dei consumi, snaturalizzazione bisogni, egemonizzazione e compagnia), l’altra parla direttamente ad un sentire.
Il lavoro di Angelo Formica, che ho avuto modo di beccare alla fiera Rome Contemporary, va esattamente in quella direzione.
Con un’operazione surrealisticamente a supportare un significato, anzi un’identità, quella popolare più precisamente, Formica gioca con i simboli della tradizione.
Il suo background siciliano (è originario di Milazzo) l’ha immerso fin da bambino in un humus culturale che è riuscito a rielaborare solo una volta trasferitosi a Milano, recuperando quel necessario distacco.
Un po’ come Jorge Amado, grandissimo scrittore del Popolo, il quale riusciva a narrare del suo natio Brasile solo quando si trovava a Parigi.
In fiera, allo stand della Galleria Toselli, l’attenzione viene subito catturata dai cartacei porta-pasticcini con teste dei santini all’interno. Scherzoso anche il titolo: “Dolce Paradiso”.
E che dire dei “Martiri di spade e bastoni”, ovvero carte da gioco francesi alle quali si sovrapponevano immagini dei tipici dolci siciliani, o delle ostie con su stampate assi di spade e due di coppe.
“Pensa che una giornalista spagnola si è offesa per questo accostamento. Mi ha chiamato provocatore!”
Angelo Formica, che durante l’intervista alternava una cadenza milanese ad accento siciliano a seconda dell’accoramento, non è certo un provocatore.
Niente papi schiacciati da meteoriti qui; una Madonna-gelato con tanto di bastoncino sotto non è una compiaciuta eresia, o divertita provocazione è piuttosto il riconoscimento dell’equivalenza di due simboli che nella scala di valori popolare finiscono per fondersi.
E’ sempre stato così, d’altronde sappiamo tutti che i santi sono stati istituiti per chetare un’urgenza di paganesimo.
“Ho cominciato i miei collages, sovrapponendo San Giorgio alla carta delle arance, nel duemilacinque/duemilasei. Li facevo di notte, di giorno ero copywriter. Tutto è partito da una fotografia che avevo scattato quando come fotoreporter mi sono occupato dei barbieri siciliani. Questi barbieri sullo specchio hanno sempre dei santini, e la loro l’immagine riflessa, più quella dei clienti era già un collage di per sé”
Di fronte alle sue raffigurazioni sacro-gastronomiche si può senz’altro decretare che l’arte di Formica è gioiosa e giocosa come quella di un Pino Pascali. Viene da chiedersi quali siano i suoi riferimenti nella storia dell’arte.
“Sicuramente la mia base di partenza è l’arte tradizionale sacra. Da Caravaggio a Tiepolo alle loro riproduzioni sui santini, è quella la tradizione a cui attingo immediatamente”
“Infatti ho visto il tuo collage con il cono gelato sul quale al posto dei gusti c’erano ritagliati i manti dalle tinte gourmet di santi e madonne varie. Anche nella composizione spesso riprendi i grandi maestri.”
“Già, la cosa incredibile che la maggior parte della storia dell’arte è nelle nostre chiese e chiunque può entrarvi in contatto spontaneamente. Qualche giorno fa sono andata a Santa Maria del Popolo a vedervi in super HD i due Caravaggi”
“E per quanto riguarda l’arte contemporanea?”
“Sicuramente lavorando con una Galleria che tratta lì Arte Povera ho avuto modo di apprezzarne molto gli esponenti. Sono un grande appassionato di Mario Mertz, di Giulio Paolini, di Alighiero Boetti. La mia arte certo è centrata in un ambito ben preciso, ma è da questi artisti che ho imparato l’alfabeto”
A questo punto faccio all’artista la famosa domanda: “Dimmi Angelo, che cos’è per te il Popolo?”
“Il Popolo… Il Popolo è tutto ciò che è rituale.
Vedi, parlando del mio lavoro molti chiamano in causa la Pop Art, ma è un fraintendimento. Il Popolare mi interessa in quanto rappresenta i modi che il Popolo ha elaborato per stare insieme. Non m’importa da dove questi siano venuti, dall’alto, dal basso, dalla chiesa, da esigenze consumistiche. Mi interessa come il rituale popolare espliciti la relazione con gli altri e, in fin dei conti, con l’universo.”
Intervista originariamente pubblicata il 29 mag 2012 su Art a Part of Cult(ure)